Come per ogni artista di spessore culturale, si potrebbero identificare le matrici stilistiche di Manuelita Mori, partendo da un “clima” neoquattrocentesco e, quindi, guidiano, che si evolve con un tonalismo alla Morandi che risalta nei raffinati motivi floreali, mentre l’essenza matissiana, percorre nei nudi di eterea bellezza, verso una progressione onirica e surreale nei paesaggi dell’anima, popolati da personaggi della memoria. Ma potrei, ritornando alle origini, ricordare il passaggio da Cèzanne al Surrealismo di Mirò nella ricerca di sogni archetipi e di un’ambientazione astratta, dove appaiono nuove dinamiche spaziali, tra razionalità e pulsione sentimentale, geometria e fantasia. Per capirlo, sono significative la realizzazione delle sue ultime opere d’arte astratte nella complessa trama pittorica, dove è evidente l’inserto materico che allude a significati simbolici nel segreto delle cose.

Ecco che allora, le forme immaginarie rappresentano vibrazioni d’animo, mentre la particolare luminosità, rende le immagini apparizione onirica in un’apertura di spiritualità.

Alla fine, le diversificate tematiche negli appropriati stili, distinguono nel panorama artistico italiano l’articolato percorso creativo dell’artista Manuelita Mori, che segue con coerenza una splendida narrazione creativa, fatta di silenzi e meditazioni, sempre rivolta alla trasfigurazione simbolica del reale, cedendo il ricordo al sogno, dove la pittura svincolata da dettami accademici, manifesta una straordinaria qualità pittorica che rivela un’inedita idea d’arte, liricamente solitaria, ma pura unica e genuina.

Carla d’Aquino Mineo